Senza sovranità monetaria, Euro, Lira o Fiorino la stessa zuppa.

Introduzione alla Sovranità monetaria

VIVERE SENZA L’EURO

Introduzione alla Sovranità monetaria

Quello di cui parleremo  è un tema che non ha appassionato molto nel corso degli ultimi forse 300 anni ma che oggi, alla luce della situazione economica attuale, impone un certo livello di conoscenza ed approfondimento.

Innanzitutto cominciamo col dire cos’è la Sovranità’ Monetaria e cos’è la Moneta.

La Sovranità Monetaria è il diritto di uno Stato Sovrano di emettere moneta, senza doversi indebitare con alcuno.

Oggi i paesi che hanno il potere di emettere “moneta-debito”, ovvero controllano direttamente la Banca Centrale  sono gli USA, UK, Giappone, Cina, Corea del Sud,…

Noi invece nell’area Euro, siamo sottoposti al rigore della Banca Centrale Europea, che persegue quale primo obiettivo il controllo e la stabilità dei prezzi e non il benessere del popolo europeo.       ( pensano ai prezzi, alle variabili macroeconomiche  ma dimenticano le persone e le famiglie)

La definizione di moneta più corretta fino forse a 30 anni fa, era quella di Aristotele che definì la moneta come “la misura del valore”.Infatti la moneta serve per misurare il valore dei beni e servizi creati dall’uomo attraverso il lavoro od altre attività .Un paio di scarpe valgono 50 euro, una penna 2 euro, e così via.

Ma per completare la definizione di moneta occorre far luce sugli studi condotti dal Prof. Auriti sulla Teoria del valore indotto della moneta, il quale dopo circa 30 anni  di studi accademici e vari saggi e pubblicazioni, completò la definizione di moneta come segue:

“La moneta è la misura del valore ed anche il valore della misura”,perché oltre che a misurare il valore possiede anche la qualità del valore della misura.

Ora proviamo a definire però cos’è il valore, da dove nasce il valore dell’euro.

A questo punto molti potranno dire che il valore della moneta nasce dal lavoro, altri diranno che il valore di una moneta dipende dall’oro delle riserve della Banca Centrale, altri ancora che il valore della moneta dipende dalla capacità di un Paese di produrre ed esportare merci e servizi o dalla quantità di moneta in circolazione.

Niente di tutto ciò però è corretto perché:

lavorando io  produco un penna e con la moneta misuro il suo valore, produco un frigorifero e con la moneta misuro il suo valore,…;

la moneta poi non vale per l’oro posseduto dalle Banche Centrali perché, dal 15 agosto 1971 è stata abolita la riserva obbligatoria dal Presidente Nixon poichè, ascoltate bene, gli USA avevano stampato dollari per 8 volte il valore della loro riserva in oro ( come dire che 7 dollari su 8 erano falsi!!!);

infine, la moneta non assume un valore differente in funzione del livello di esportazioni che il paese realizza sul mercato, anzi i paesi esportatori sono quelli che cercano sempre di avere una moneta più debole rispetto agli importatori accettando in cambio una qualche inflazione.

Ma allora cos’è il valore della moneta.

Il valore della moneta è un valore indotto perché generato dalla accettazione della moneta da parte della collettività degli uomini vivi, ovvero nasce per convenzione per il solo fatto che ci mettiamo d’accordo che abbia valore.

Un esempio chiarirà questo punto:

se mettessimo Draghi su di una isola deserta a stampare euro non si creerebbe alcun valore; ma se sull’isola vivesse una comunità di persone che accettasse l’euro come mezzo di scambio e di pagamento, allora si creerebbe il  valore .

Dunque siamo noi, la collettività che diamo valore alla moneta e non è l’attività umana , lavorativa, della banca centrale ,dell’esportazioni,…che creano  il valore.

Quindi, il valore nasce per convenzione.

Ancora sulla definizione del valore: il valore di un bene è rappresentato dalla previsione di utilizzo di quel bene, attiene quindi ad una dimensione temporale e non fisica (si distingue tra momento strumentale che attiene all’oggetto e momento edonistico che riguarda il godimento del bene da parte del soggetto) .

Il coltello ha valore perché io prevedo di tagliare; la penna ha valore perché prevedo di scrivere; la moneta ha valore perché prevedo di spendere.

Ora chiarito che la moneta è la misura del valore; che detto  valore è creato dalla collettività che accetta la moneta e  consta in una  previsione di spesa della stessa moneta, dobbiamo chiederci di chi sia la moneta.

Non si sa. O meglio ci hanno fatto credere che sia la nostra, ma non è così. Quando noi abbiamo il denaro in tasca ne abbiamo la proprietà temporanea che dura esattamente quanto è lungo il prestito che ci ha permesso di ottenerlo.

Ed è qui che sorge il grande inganno; il prestito ce lo fa la Banca Centrale che all’atto dell’emissione presta il denaro indebitando la collettività per l’intero ammontare del denaro in circolazione.

E poiché l’atto del prestare è proprio di chi ha la proprietà di un bene, la Banca Centrale prestando espropria la collettività della sua moneta,  indebitandola ed applicandoci sopra anche gli interessi.

In virtù di cosa la BC presta? ha forse una riserva d’oro a garanzia dell’emissione? no, non più dal 1971 ed allora perché presta?

Dove è scritto di chi è la proprietà dell’euro?

Perché sulle banconote è scomparsa la dicitura “pagabile a vista al portatore” presente invece sulle vecchie lire?

Questo sistema di creazione del debito prende le mosse nel 1694 con la nascita della Banca D’Inghilterra; da quel giorno in poi si è generata la più colossale truffa che l’umanità abbia mai conosciuto sostituendo alla moneta d’oro un foglio di carta.

Fino a quel giorno infatti, chi aveva la fortuna di trovare una pepita d’oro se ne appropriava, senza indebitarsi verso la miniera.

Dal 1694 in poi invece, alla pepita è stato sostituito un pezzo di carta, alla miniera si è sostituita la Banca Centrale, alla proprietà il debito.

L’umanità tutta è stata trasformata da proprietaria a debitrice, schiava del debito, di un debito potenzialmente illimitato e soprattutto inestinguibile.

EUROMERKEL

Praticamente cosa accade:

Per comprendere quale sia l’effettiva portata di un cambiamento così radicale basato sulla logica della Sovranità Monetaria, proviamo a far di conto prendendo come base di partenza la pubblica amministrazione in Italia e quanto costi allo Stato italiano in termini di salari e stipendi.

In Italia , secondo le ultime stime, i dipendenti della pubblica amministrazione sono circa 3,5 milioni.

Supponiamo che ciascun dipendente costi in media allo Stato 2000 euro, ovvero 20 banconote da 100 euro.

Attualmente ogni singola banconota costa allo Stato 100 euro più gli interessi applicati dalla Banca Centrale ( il prestatore) che supponiamo essere oggi pari all’1%. Ne consegue che per ogni banconota da 100 euro ,lo Stato ne spende 101.

Lo stipendio mensile di ciascun dipendente allora costerà al Paese  una cifra pari a :

20 x 101=2020 euro.

Moltiplicando questa cifra per il numero di dipendenti complessivo avremo che lo Stato mensilmente si indebita per una cifra di:

2020 x 3.500.000= 7.070.000.000 euro

Annualmente quindi lo Stato spenderà, prendendola a prestito dalla Banca Centrale, una cifra pari a:

7.070.000.000 x 13 (mensilità di stipendio)= 91.910.000.000 di euro

Se invece, lo Stato stampasse la propria moneta, senza indebitarsi con alcuno, al costo di 30 centesimi alla banconota, il costo di una stipendio mensile per ogni dipendente pubblico sarebbe di :

20 (n. di banconote) x 0.30 ( costo di produzione della banconota) = 6 euro

Questi 6 euro mensili, determinerebbero un esborso annuale complessivo per lo Stato di :

6 x 3.500.000 x 13 = 273.000.000 euro

estratto da ioamoitalia

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– di Marcello Foa –
Mettiamola in questi termini: la Bce stampa più moneta per permettere alle Banche centrali nazionali di comprare titoli di Stato, ovvero debito pubblico, con lo scopo dichiarato di rilanciare l’economia (crescita del Pil) e lo scopo effettivo immediato di sgravare i bilanci delle banche private.
In termini economici, il Quantitative Easing è un’aberrazione in quanto viola le leggi di mercato basate sulla domanda e sull’offerta. Un’aberrazione che però lascia intatta la vera catena che imprigiona le asfittiche economie occidentali: quella del debito.
Mi spiego: se la Ue e la Bce e la volessero davvero rilanciare l’economia, dovrebbero avere il coraggio di andare fino in fondo ovvero non di stampare moneta per comprare debito ma di stampare moneta per CANCELLARE IL DEBITO, accompagnando questo passo da misure altrettanto rivoluzionarie e benefiche come la simultanea riduzione delle imposte sia sulle imprese che sulle persone fisiche e magari varando investimenti infrastrutturali.
Pensateci bene: oggi l’Italia è già in avanzo primario ovvero lo Stato spende meno di quanto incassa, ma il debito pubblico continua a salire perché la spesa pubblica è gravata dagli interessi sul debito. Detto in altro termini: l’Italia è in una spirale da cui difficilmente uscirà, per quanti sforzi faccia. Ma questo né la Ue, né la Bce, né il Fmi lo ammetteranno mai; anzi, continuano ad alimentare la retorica delle riforme ovviamente strutturali.
Logica vorrebbe, invece, che l’aberrazione del Quantitative easing venisse usata non per continuare ad alimentare il circolo vizioso del debito, ma per spezzarlo con una misura una tantum, eccezionale, irripetibile ma straordinariamente virtuosa. Chiamiamolo Il giubileo del debito.
Ipotizzate quesito scenario: taglio lineare di un terzo del debito pubblico di ogni Paese europeo, simultanea riduzione delle imposte sulle persone fisiche del 10% e dimezzamento di quelle sulle società per un periodo di almeno 5 anni. Il momento sarebbe più che mai propizio, considerando che i tassi di interesse sono prossimi allo zero.
Basterebbe una semplice operazione contabile creando denaro dal nulla (ovvero con un semplice click, come peraltro si apprestano già a fare), per togliere definitivamente dal mercato una parte del debito pubblico, studiando ovviamente le condizioni appropriate (ad esempio solo sui titoli in scadenza).
Risultato: un boom economico paragonabile agli effetti di un nuovo Piano Marshall. Starebbero meglio tutti: i consumatori che si troverebbero con più liquidità in tasca, le aziende che sarebbero fortemente incentivate a investire nella zona Ue, lo Stato che troverebbe le risorse sia per le Grandi Opere che per altre riforme. Le stesse banche private che non sarebbero più costrette a comprare titoli di Stato pubblici e vedrebbero diminuire drasticamente le sofferenze bancarie nel giro di pochi mesi proprio grazie alla ripresa dell’economia reale.
La macchina, insomma, si rimetterebbe in moto.
A “rimetterci” sarebbero solo la Bce, la Commissione europea e analoghe istituzioni transnazionali il cui potere implicito di condizionamento si ridurrebbe drasticamente.
Meno debito, meno vincoli, più libertà. Il problema è tutto qui.
 Fonte:  blog.ilgiornale.it
GDPEuro1 Fonte: Gpg Imperatrice

La stupidità dell’uomo

lavatrice copia

L’ingegneria del consenso
All’inizio del XX secolo come teorizzato da Sigmund Freud, comincia ad emergere che la mente consta in larga misura di un inconscio il quale, molto probabilmente, alimenta il conscio con ciò che diverrà pensiero.
Si tratta della teoria del subconscio che Edward L. Bernays decide di sfruttare.
Egli definisce il suo approccio ”ingegneria del consenso”, basandosi sul lavoro dello stesso Freud (tra l’altro suo zio) e quindi attribuendo alle sue tecniche il termine scientifiche.
In ”Propaganda”, il suo libro più autorevole, Bernays afferma che la manipolazione delle masse è assolutamente necessaria affinché una democrazia funzioni [2].
Bernays paragona la massa ad ”un gregge che ha bisogno di venire guidato”, ed ha la stessa visione delle folle che si può riscontrare anche in altre Opere, fra cui la famosa ”Psicologia delle masse”, di Gustav Le Bon.
Egli però, non si limita ad affermare, come Le Bon, che le civiltà sono state create e guidate da una piccola aristocrazia intellettuale, e mai dalle folle che, in quanto istintive ed indisciplinate non hanno che la forza di distruggere, finendo, inevitabilmente, per essere dominate da elementi che hanno dell’anima delle folle una conoscenza istintiva, spesso sicurissima e che, conoscendola bene, ne diventano facilmente i padroni.

La manipolazione scientifica dell’opinione pubblica
Edward Bernays non si limita ad affermare che ”la democrazia è retta da una minoranza intelligente che sa come guidare e controllare le masse”.
Egli è certo che ”la manipolazione scientifica dell’opinione pubblica è necessaria per superare il caos e il conflitto in una società democratica” e che risultati migliori si otterranno se il controllo delle masse avverrà a loro insaputa.
Nel suo libro ”Propaganda”, Bernays affronta, senza tanti giri di parole, quella che il professor Charles Wright Mills definisce “élite al potere”, affermando che “La manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini organizzate delle masse costituisce un importante elemento di una società democratica. Coloro i quali manipolano questo impercettibile meccanismo sociale formano un Governo invisibile che costituisce il vero potere esecutivo del Paese. Noi siamo governati, le nostre mentalità plasmate, i nostri gusti modellati, le nostre idee suggerite in gran parte da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in cui la nostra società democratica è organizzata. Un vasto numero di esseri umani deve cooperare in questa maniera se si vuole vivere insieme come società che funziona in modo tranquillo. In quasi ogni azione della nostra vita quotidiana, sia questa nell’ambito della politica o degli affari, nel comportamento sociale o nel pensiero etico, siamo dominati da un numero relativamente piccolo di individui […] che comprendono i processi mentali e gli schemi sociali delle masse. Sono loro che manovrano i fili per controllare l’opinione pubblica. ” [3].

Il ruolo della comunicazione nella propaganda moderna
Bernays ha cercato di sviluppare una forma di comunicazione che, usando i sui stessi termini, potesse essere impiegata per controllare le masse ignare. Per farlo, ha portato avanti le teorie di Freud in modi che ancora non sono stati raggiunti dalla psicologia moderna.
L’approccio di Bernays consiste nel mettere in pratica le idee di Freud in maniera scientifica. Ha fatto dunque ricorso a scienziati comportamentali per studiare le reazioni umane a vari stimoli. Vari gruppi sono stati testati per analizzarne la reazione a certe parole, immagini ed altro; a partire da questa sofisticata analisi, sono stati sviluppati messaggi pubblicitari e condotti dei test.
In breve, Bernays ha rivoluzionato il mondo della pubblicità, delle attività promozionali e delle pubbliche relazioni, cambiando per sempre il significato attribuito alla parola propaganda, in precedenza ”rivelazione veritiera atta a contrastare l’ignoranza e la disinformazione”, trasformandolo nel senso moderno che la maggior parte di noi guarda con giusto sospetto.
Se Bernays è acclamato da molti quale “padre delle pubbliche relazioni”, è ad Ivy Lee, un ex giornalista, che viene riconosciuto lo sviluppo di tale settore così come lo intendiamo oggi. La forza del sistema delle PR diviene ben presto chiara anche ai Governi, che si accorgono di come i giornalisti, se prontamente informati dalle agenzie, siano spinti a non indagare per conto loro.
Se si confrontano le agenzie di PR con le notizie che effettivamente vengono pubblicate sui quotidiani, si vedrà che vengono spesso riprese alla lettera o quasi, e di solito senza indicare ai lettori che ciò che appare come un servizio giornalistico indipendente è in realtà un comunicato di un’agenzia di pubbliche relazioni [4].

Conclusione
La verifica delle fonti e l’utilizzo del senso critico sono ormai capacità atrofizzate dall’assumere passivamente il punto di vista delle poche agenzie che informano centinaia di paesi.
Considerando come assolute alcune fonti e ignorandone altre, l’informazione è già alterata in origine, derivando da un unico punto di vista, che nel contesto appare oggettivo.
Solo in rarissimi casi, attraverso uno o più mezzi di comunicazione, trapela qualche debole critica al sistema ma si tratta di quelle che, in gergo tecnico, sono definite “fessure controllate”, cioè critiche fatte ad hoc per generare nello spettatore fiducia nei media, ma che risultano per finire vaghe e discordanti [5].

Note
[1] ”Science” 158, “Unconscious Process and the Evoked Potential”, di Benjamin Libet
[2] ”Programmazione mentale – Dal lavaggio del cervello alla libertà di pensiero“, di Eldon Taylor, Edizioni il punto d’incontro, 30, 31
[3]“Propaganda: della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia”, di Edward L. Bernays, Bologna, Logo Fausto Lupetti, 2008
[4] “Creare le notizie”, tratto da “Fidati! Gli esperti siamo noi”, tratto da http://www.disinformazione.it
[5] I telegiornali di Pulcinella”, “La manipolazione dell’opinione pubblica nei Tg italiani”, di Antonella Randazzo, tratto da http://www.disinformazione.it

Nico Forconi
Fonte pandorando.it

Tratto: morasta.it


Napolitano….il disastro italiano

gio, 2014

Lo storico britannico Perry Anderson analizza la crisi europea dalla parte dell’Italia, e si concentra su Napolitano, “studente fascista, poi il comunista favorito di Kissinger”, che mise la firma sul Lodo Alfano, entrò in guerra con la Libia violando leggi e trattati e tramò con Monti e Passera.

Prime Minister Designate Enrico Letta Presents New Italian Government

1. IL SAGGIO INTEGRALE DI PERRY ANDERSON: “THE ITALIAN DISASTER”
Dalla “London Review of Books”

23 magg – La vera anomalia italiana? Giorgio Napolitano. Sull’ultimo numero della prestigiosa London Review of Books, lo storico britannico Perry Anderson analizza la crisi europea in un lungo saggio dal titolo: The Italian Disaster. Non c’è bisogno di traduzione ed è interessante che per parlare del futuro dell’Europa e delle falle nel sistema della democrazia del vecchio continente, si parli del disastro italiano, raccontato con la secchezza degli storici inglesi: una sequenza di fatti, date, pochi commenti e molti argomenti.

Quello che Denis Mack Smith ha fatto con i suoi saggi sul Risorgimento e la nascita del fascismo, Anderson, storico di formazione marxista, lo fa con gli anni recenti della storia patria. Secondo Anderson è il capo dello Stato la vera minaccia della democrazia italiana. Visto in patria come il salvatore, “la roccia su cui fondare la nuova Repubblica”, Napolitano è invece una vera pericolosa anomalia, un politico che ha costruito tutta la carriera su un principio: stare sempre dalla parte del vincitore.

Da studente aderisce al Gruppo Universitario Fascista, poi diventa comunista tutto d’un pezzo: nel 1956 plaude l’intervento sovietico in Ungheria, nel 1964 si felicita per l’espulsione di Solgenitsin, sostenendo che “solo i folli e i faziosi possono davvero credere allo spettro dello stalinismo”. Fedele alla linea del più forte, vota sì all’espulsione del Gruppo del Manifesto per i fatti di Cecoslovacchia e negli anni Settanta diventa “il comunista favorito di Kissinger”, perché il nuovo potere da coltivare sono ora gli Stati Uniti.

Gli Usa e Craxi sono i nuovi fari di Napolitano e dei miglioristi (la corrente era finanziata con i soldi della Fininvest) e nel 1996 il nostro diventa ministro degli Interni (per la prima volta uno di sinistra), garantendo agli avversari che “non avrebbe tirato fuori scheletri dall’armadio”. Ma il meglio Napolitano lo dà da presidente della Repubblica: nel 2008 firma del lodo Alfano, che “garantisce a Berlusconi come primo ministro e a lui stesso come presidente l’immunità giudiziaria”, dichiarato poi incostituzionale e trasformato nel 2010 nel “legittimo impedimento”, anch’esso dichiarato incostituzionale nel 2011.

E poi una gragnuola di fatti: il mancato scioglimento delle Camere nel 2008, l’entrata in guerra contro la Libia del 2011 (scavalcando costituzione, senza voto parlamentare, violando un trattato di non aggressione), le trame con Monti e Passera per sostituire Berlusconi, modo – secondo Anderson – “completamente incostituzionale”.

monti napolitanoPer non parlare della vicenda della ri-elezione al secondo mandato (“a 87 anni, battuto solo da Mugabe, Peres e dal moribondo re saudita”) e delle ultime vicende, con il siluramento del governo Letta. Napolitano, che dovrebbe essere “il guardiano imparziale dell’ordine parlamentare e non interferire con le sue decisione”, scrive lo storico britannico, rompe ogni regola. “La corruzione negli affari, nella burocrazia e nella politica tipiche dell’Italia sono adesso aggravate dalla corruzione costituzionale”.

E poi il caso Mancino e la richiesta di impeachment contro il presidente da parte di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, e l’invocazione della totale immunità nella trattativa Stato-mafia, che Anderson definisce “Nixon-style”, termine che evoca scandali come il Watergate. Ma gli esiti italiani sono stati diversi, come ben sappiamo.

http://www.lrb.co.uk/v36/n10/perry-anderson/the-italian-disaster


Intercettazione Renzi:”gli italiani sono coglioni,con 80 euro vinciamo le elezioni”

Renzi
Il pescatore di pirla.


Origini della collusione wahhabita-sionista


Riflessione Europea

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Il piacione Renzi in arte il Bomba pur avendo mille correnti nel partito ha vinto le europee con più del 40%.
Non sfugge il dettaglio che aveva vinto le primarie
Primarie rifiutate dalla vedette Berlusconi, fatto che ha provocato la disintegrazione del centro destra.
Partecipazione!

Adesso tutti a sbucciare banane.
Naturalmente dopo aver pregato verso la mecca.(AK)
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Mitt Dolcino : Merkel e FMI

ATTUALITA’
maggio 12, 2014
posted by Mitt Dolcino
Clamoroso: FT afferma che al G20 di Cannes la Merkel in lacrime obbligò USA e Francia a mettere all’angolo l’Italia chiedendo l’intervento dell’FMI

Oggi sono apparsi sulla stampa mainstream alcuni importantissimi articoli, prima di tutto la cronistoria del famoso incontro di Cannes del G20 in cui Frau Merkel si mise a piangere perchè non voleva mollare sugli eurobonds senza che l’Italia “cedesse” qualcosa. FT, in possesso di documenti “ufficiali” relativi a tale serata – vedasi commento di Zerohedge –

http://www.zerohedge.com/news/2014-05-11/angela-merkel-ledge-not-fair-i-am-not-going-commit-suicide

chiosa affermando che alla fine l’Italia fu la vera perdente, assieme alla Grecia: a seguito del summit i tassi sul BTP decollarono fino al 7% e passa, arrivando alla successiva fine politica di chi aveva pronunciato il gran rifiuto all’intervento dell’FMI (Berlusconi e Tremonti). Per inciso, la triade all’attacco dell’Italia sarebbe stata, secondo il rinomato newspaper inglese, la Francia, la Germania e gli USA, coordinati dai nostri “amici” d’Oltralpe.

Chi legge i commenti del sottoscritto sa che:

– ritengo che sia in atto un atteggiamento eurocentrico di tipo prevaricante nei confronti del Belpaese;

– sia in atto un tentivo di impossessarsi deelle ricchezze italiche, siano esse aziende, risparmi delle famiglie o fin anche il possesso del suolo (vedremo con tempo che succederà);

– la Germania e, soprattutto, la Francia stanno cercando di approfittare della situazione post crisi (anche perchè sono più in crisi di noi, fatto certamente vero per la Francia…), la prima annichilendo la competizione manifatturiera italiana, la seconda comprando tout court le imprese della Penisola appena se ne presenti l’occasione, con parallelo boicottaggio degli interessi italiani all’estero (soprattutto Nord Africa e Russia).

Le vere colpe italiche, sempre secondo chi scrive, non sono necessariamente legate ad una ridotta competitività del Paese – un interessante studio della Fondazione Edison con Unincamere svela come dall’avvento dell’Euro al 2012 l’Italia sia sia comportata meglio della maggioranza dei “competitors” europei – ma piuttosto dalla percezione di malaffare associato all’Italia, incluso un sistema di gestione arcaico ed una classe politica che storicamente vive alle spalle di cotanta ricchezza. Vale la pena di ricordare che è comunque nell’interesse straniero stigmatizzare tali debolezze italiche, vere o false che siano (l’ultima volta, dopo tangentopoli, guarda caso nel pieno di un’amministrazione democratica negli USA,  l’Italia praticamente dovette svendere i gioielli nazionali, grazie Prodi!). Resta il fatto che l’Italia è ricca. E fa gola. Stessa storia da 2000 anni, incluse le invasioni tentate o riuscite.

Il problema degli italiani è che dopo l’avvento della bomba atomica hanno sviluppato  una percezione buonista diffusa secondo cui le guerre non possono più accadere: se si fosse chiesto al nonno od al bisnonno cosa pensavano dei tedeschi o dei francesi si sarebbe ottenuta la risposta che non si attende, ossia che sono gente di cui è bene diffidare. Oggi le nuove generazioni percepiscono le vicine repubbliche, quelle molto più consolidate della nostra (Francia, UK, anche la Germania), come amici e maestri: poveri illusi, non capiscono che essi sono prima di tutto degli avversari – e qui si spiega il comportamento attuale in ambito europeo -, essendo lo scopo sempre quello di approfittarsi delle ricchezze altrui per il bene della propria gente. Perchè pensate che l’Europa sia stata la regione mondiale più belligerante fino al 1945? Oggi le guerre non si combattono più come prima di Hiroshima a causa delle armi strategiche, ossia la guerra va combattuta con altre armi, ad esempio con quelle economiche [come nella guerra attuale?]. Tanto per non sbagliarsi gli USA sembra abbiano ritirato dall’Italia gran parte dell’arsenale atomico, probabilmente anche quello italiano, non più tardi di un anno fa: un caso? O che forse immaginavano che si sarebbe arrivati al caos? A pensar male…

Detto questo, l’articolo di FT dimostra senza alcun dubbio che alla fine del 2011 ci fu in piano per annichilire il Belpaese salvando l’Euro e gli alleati attuali degli USA. Alleati USA che non sono precisamente gli alleati storici del paese d’oltreoceano: fino al 2008 la Germania e la Francia erano traditori, non avevano voluto combattere la guerra in medio oriente con Bush, mentre l’Italia era in prima fila. Oggi l’Italia è il maverick della situazione, si dice che Obama odii gli italiani (troppo spesso di fede Repubblicana), quindi sembra logico che i fieri paladini della libertè si sentano nel giusto ad approfittarsi dell’Italia. Leggete l’articolo originale di FT e fatevi un’idea sull’atteggiamento di Sarkozy nei confronti del Belpaese.

Chi oggi subisce la crisi e chi teme l’uscita dell’Italia dall’euro sono gli stessi paesi che non potrebbero svalutare tornando alla valuta precedente o meglio coloro che non trarrebbero grande beneficio dalla svalutazione. In primis non la Germania, che ha comunque un forte surplus ed aziende competitive, ma soprattutto la Francia, paese che ha un’industria cara e non competitiva (il caso Alstom insegna)! Chiaramente l’Italia svalutando spiazzerebbe molti dei prodotti stranieri….

E cosa dire della Germania? I teutonici sono sempre gli stessi, a loro è andata male in due guerre mondiali per il predominio coloniale globale, oggi gli resta solo la possibilità del predominio locale e regionale: non hanno armi strategiche e per questo devono appoggiarsi militarmente alla Francia, guarda caso il paese che ha coordinato l’intervento contro Gheddafi troppo amico degli italiens. Una coppia che non ti apetti, ma perfettamente simbiotica. Esagero? A posteri l’ardua sentenza. Anzi, basterà aspettare le elezioni europee e la valanga di tasse che travolgeranno il Paese di Dante, tasse in grado di annientare la ricchezza italica come la conosciamo oggi. Tra l’altro oggi il ministro Padoan sembra aver ammesso su Repubblica che l’Europa lo ha costretto a promettere privatizzazioni per 40 mld di Euro, guarda caso ENI ed ENEL in prima fila. Scommettiamo che ho ragione?

Italiani senza palle, preferiscono una morte lenta [tasse, recessione e miseria, giocandosi il benessere costruito dai nostri padri] piuttosto che reagire al disastro che li aspetta [leggasi, non osano nemmeno pensare di dire no a questa Europa degli interessi asimmetrici]. E tutto questo per difendere i patrimoni delle elites (convertiti da instabile lira a solido pseudo marco) che oggi comandano i media sussidati e le imprese sistemiche mantenendo la popolazione nell’oscurità e mandandola sul lastrico – tali elites sì che ci perderebbero uscendo dall’euro! -…

Che enorme tristezza!

Mitt Dolcino

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Clamoroso: FT afferma che al G20 di Cannes la Merkel in lacrime obbligò USA e Francia a mettere all’angolo l’Italia chiedendo l’intervento dell’FMI maggio 12, 2014 11:22:41 pm
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UCRAINA USA La situa­zione in #Ucraina ci ricorda che la nostra libertà non è gra­tuita e dob­biamo essere dispo­sti a pagare»: lo ha riba­dito il pre­si­dente#Obama, a #Roma come a#Bru­xel­les, dicen­dosi pre­oc­cu­pato che alcuni paesi #Nato vogliano dimi­nuire la pro­pria spesa mili­tare.La pros­sima set­ti­mana, ha annun­ciato, si riu­ni­ranno a Bru­xel­les i mini­stri degli esteri per raf­for­zare la pre­senza Nato nell’Europa orien­tale e aiu­tare l’Ucraina a moder­niz­zare le sue forze mili­tari. Ciò richie­derà stan­zia­menti aggiun­tivi. Siamo dun­que avver­titi: altro che tagli alla spesa militare!A quanto ammonta quella ita­liana? Secondo i dati del Sipri, l’autorevole isti­tuto inter­na­zio­nale con sede a Stoc­colma, l’Italia è salita nel 2012 al decimo posto tra i paesi con le più alte spese mili­tari del mondo, con circa 34 miliardi di dol­lari, pari a 26 miliardi di euro annui.Il che equi­vale a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pub­blico in forze armate, armi e mis­sioni mili­tari all’estero.Secondo i dati rela­tivi allo stesso anno, pub­bli­cati dalla Nato un mese fa, la spesa ita­liana per la difesa ammonta a 20,6 miliardi di euro, equi­va­lenti a oltre 56 milioni di euro al giorno. Tale cifra, si pre­cisa nel bud­get, non com­prende però la spesa per altre forze non per­ma­nen­te­mente sotto comando Nato, ma asse­gna­bili a seconda delle cir­co­stanze. Né com­prende le spese per le mis­sioni mili­tari all’estero, che non gra­vano sul bilan­cio del mini­stero della difesa. Ci sono inol­tre altri stan­zia­menti extra-budget per il finan­zia­mento di pro­grammi mili­tari a lungo ter­mine, tipo quello per il cac­cia F-35.Il bud­get uffi­ciale con­ferma che la spesa mili­tare Nato ammonta a oltre 1000 miliardi di dol­lari annui, equi­va­lenti al 57% del totale mon­diale. In realtà è più alta, in quanto alla spesa sta­tu­ni­tense, quan­ti­fi­cata dalla Nato in 735 miliardi di dol­lari annui, vanno aggiunte altre voci di carat­tere mili­tare non com­prese nel bud­get del Pen­ta­gono – tra cui 140 miliardi annui per i mili­tari a riposo, 53 per il «pro­gramma nazio­nale di intel­li­gence», 60 per la «sicu­rezza della patria» – che por­tano la spesa reale Usa a oltre 900 miliardi, ossia a più della metà di quella mondiale.Scopo degli Stati uniti è che gli alleati euro­pei assu­mano una quota mag­giore nella spesa mili­tare della Nato, desti­nata ad aumen­tare con l’allargamento e il poten­zia­mento del fronte orientale.Oggi, sot­to­li­nea Obama, «aerei dell’Alleanza atlan­tica pat­tu­gliano i cieli del Bal­tico, abbiamo raf­for­zato la nostra pre­senza in Polo­nia e siamo pronti a fare di più».

obama costa

Andando avanti in que­sta dire­zione, avverte, «ogni stato mem­bro della Nato deve accre­scere il pro­prio impe­gno e assu­mersi il pro­prio carico, mostrando la volontà poli­tica di inve­stire nella nostra difesa col­let­tiva». Tale volontà è stata sicu­ra­mente con­fer­mata al pre­si­dente sta­tu­ni­tense Barack Obama dal pre­si­dente delle repub­blica Napo­li­tano e dal capo del governo Renzi.
Il carico, come al solito, ………………
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ITALIA EUROPA FEDERALISMO
Hans-Hermann Hoppe ha parlato dei vantaggi dei piccoli (e più prosperi) Paesi indipendenti:«al contrario, la più grande speranza per la libertà viene dai piccoli Paesi: da Monaco, Andorra, Liechtenstein, anche dalla Svizzera, Hong Kong, Singapore, Bermuda, eccetera, un liberale dovrebbe sperare in un  mondo di decine di migliaia di tali piccole entità indipendenti. Perché non una libera città indipendente di Istanbul e Izmir, che mantengano relazioni amichevoli con il governo centrale turco ma che non effettuino più i pagamenti fiscali per quest’ultimo o che non ricevano pagamenti da esso, e che non riconoscano più la legislazione del governo centrale ma abbiano una propria legislazione a Istanbul o a Izmir. Gli apologeti dello Stato centrale (e di superStati come l’Ue) sostengono che una tale proliferazione di unità politiche indipendenti porterebbe alla disintegrazione economica e all’impoverimento. Tuttavia, l’evidenza empirica parla acutamente contro questa affermazione: i piccoli Paesi sopra citati sono tutti più ricchi dei loro dintorni. Inoltre, la riflessione teorica mostra anche che questa affermazione è solo un altro mito statalista. Piccoli governi hanno molti concorrenti vicini. Se questi tassano e regolano i propri sudditi visibilmente di più rispetto ai loro concorrenti, essi sono tenuti a soffrire l’emigrazione di lavoro e di capitali. Inoltre, più piccolo è il Paese, maggiore sarà la pressione per optare per il libero scambio piuttosto che per il protezionismo. Ogni interferenza del governo con il commercio estero conduce all’impoverimento relativo, in Patria come all’estero. Ma più piccolo è un territorio e i suoi mercati interni, più drammatico sarà questo effetto. Se gli Stati Uniti si impegnassero nel protezionismo il tenore di vita medio degli Stati Uniti scenderebbe ma nessuno morirebbe di fame. Se una sola città, ad esempio Monaco, facesse altrettanto, avrebbe quasi immediatamente una carestia. Considerate una singola famiglia come la più piccola e plausibile unità secessionista. Impegnandosi in un libero commercio senza restrizioni, anche il territorio più piccolo può essere completamente integrato nel mercato mondiale ed essere partecipe di tutti i vantaggi della divisione del lavoro. Infatti, i suoi proprietari possono diventare le persone più ricche della Terra. Al contrario, se quegli stessi proprietari di casa decidono di rinunciare a tutto il commercio inter-territoriale, questo comporterebbe una loro abietta povertà o morte. Di conseguenza, più piccolo è il territorio e il suo mercato interno, più probabile che esso opti per il libero scambio. Inoltre, come posso solo indicare, ma non spiegare qui, la secessione promuove anche l’integrazione monetaria e porterebbe alla sostituzione del sistema monetario attuale delle fluttuanti monete nazionali di carta con uno standard di moneta-merce del tutto al di fuori del controllo del governo. In sintesi, il mondo vedrebbe piccoli governi liberali economicamente integrati attraverso il libero scambio di una moneta-merce internazionale come l’oro. Sarebbe un mondo di inaudita prosperità, di crescita economica e di progresso.
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.VEDI NAPOLI E POI MUORI

Vedi Napoli e poi muori MANLIO DINUCCI


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MES (Meccanismo Europeo di Stabilita’)

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Con il MES (Meccanismo Europeo di Stabilita’) gli stati membri dell’unione europea, si impegnano a costituire un fondo di 700 miliardi di euro, per aiutare i paesi in difficolta’.

La quota che l’Italia dovra’ sborsare e’ 125 miliardi di euro

L’organizzazione MES prestera’ il denaro con interessi allo stato in difficolta’ e nel caso in cui lo Stato, che ha preso il prestito non sarà in grado di restituirli, il MES può rivalersi sui beni dello Stato mobili ed immobili

Ma entriamo nel dettaglio dello statuto del MES

ART.9

Il MES può richiedere il versamento del totale della somma versata, in qualsiasi momento, il capitale dovrà essere versato entro 7 giorni per non incappare in sanzioni.

ART.10

In qualsiasi momento il MES può richiedere

l’aumento di capitale.

ART.13

La richiesta di sostegno al MES di uno

Stato membro in difficoltà economica, dovrà

essere valutata dalla BCE e dal FMI.

ART.20

La politica di fissazione dei tassi

d’interesse (sui soldi prestati) può essere

rivista dal MES.

ART.25

Il MES è autorizzato a richiedere

interessi di mora sull’importo dovuto.

ART.32

Immunità dei rappresentanti del MES

da parte di tutti gli organi di giustizia degli

Stati membri, immunità dei documenti dei

rappresentanti MES; immunità sui beni del MES da ogni forma giurisdizionale (no a

perquisizioni, sequestro, confisca, esproprio,

pignoramenti); locali e documenti del MES

sono inviolabili (tutto rimane segreto); esenti da qualsiasi controllo.

ART.34

I membri del MES devono tenere le

informazioni protette dal segreto professionale.

ART.35

Immunità dei membri del MES e dei propri documenti

Riassumendo:

L’Italia e’ obbligata a regalare 125 miliardi di Euro.

Se rivuole indietro i suoi soldi, ci deve pagare sopra gli interessi (dei soldi suoi?????)

La struttura MES, puo’ richiedere l’immediata restitituzione della somma data in prestito, se non la riavra’ entro entro 7 giorni, addio al Colosseo, o al David di Michelangelo o a casa vostra.

I MES puo’ richiedere a sua discrezione piu’ di quello pattuito, (125 miliardi) l’Italia ha l’obbligo di adempiere immediatamente.

I FMI, ha voce in capitolo sul MES. E

Il MES puo’ alzare, a prestito in corso, i tassi di interesse.

Tutti i membri del consiglio direttivo dei Mes hanno immunita’ assoluta (tipo Re Sole), i loro atti sono insidacabili e segreti.

La sede del MES non puo’ essere ne perquisita’ ne sottoposta a indagine per nessun motivo.

Questa porcata e’ stata votata nel 2012 in Parlamento con i voti del PD, il PDL (attuali Forza Italia e NCD), UDC, l’unico partito che ha votato contro e’ stato la Lega Nord.

Incollato da

Avvistamenti di Creature Mitologiche

IL DELIRIO MES: DALLA BCE AL “RE SOLE” (di A.B.)

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VEDI: http://parlamento16.openpolis.it/votazione/camera/trattato-di-istituzione-del-mes-ddl-5359-voto-finale/39325


NOAM CHOMSKY : FALSO ”PERICOLO RUSSO”

L’intervista a Noam Chomsky è stata pubbicata dal Manifesto 

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L’INTERVISTA / NOAM CHOMSKY DENUNCIA L’ASSERVIMENTO A NATO E USA DELLA STAMPA EUROPEA SUL FALSO ”PERICOLO RUSSO”

mercoledì 19 marzo 2014

Di «pas­sag­gio» a Tokyo per una serie di affol­la­tis­sime con­fe­renze, abbiamo chie­sto a Noam Chom­sky, professore eme­rito di lin­gui­stica al Mas­sa­chu­setts Insti­tute of Tech­no­logy, il suo parere sui nuovi «venti di guerra» tra Occi­dente e Oriente, che agi­tano il pia­neta. E non solo per quel che riguarda la crisi ucraina e ora la Crimea. 

L’Occidente sem­bra essere pre­oc­cu­pato da quello che qual­cuno ha defi­nito il «fasci­smo» di Putin. E men­tre tor­nano i toni da guerra fredda, la situa­zione, in Cri­mea, rischia di precipitare… 

Non solo in Cri­mea, direi che anche qui, in Asia orien­tale, la ten­sione è altis­sima, tira una brut­tis­sima aria. Il recente rife­ri­mento del pre­mier Shinzo Abe — per il quale non nutro par­ti­co­lare stima — alla situa­zione dell’Europa prima del primo con­flitto mon­diale è più che giu­sti­fi­cato. Per­ché le guerre pos­sono anche scop­piare per caso, o a seguito di un inci­dente, più o meno pro­vo­cato. Quanto alla Cri­mea, fac­cio dav­vero fatica ad associarmi all’indignazione dell’occidente. Leggo in que­sti giorni edi­to­riali assurdi, a livello di guerra fredda, che accu­sano i russi di essere tor­nati sovie­tici, par­lano di Ceco­slo­vac­chia, Afgha­ni­stan. Ma dico, scher­ziamo? Per un gior­na­li­sta, un com­men­ta­tore poli­tico, scri­vere una cosa del genere, oggi, signi­fica avere svi­lup­pato una capa­cità di asser­vi­mento e subor­di­na­zione al «pen­siero comune» che nem­meno Orwell avrebbe potuto immaginare. Ma come si fa? Mi sem­bra di essere tor­nato ai tempi della Geor­gia, quando i russi, entrando in Osse­zia e occu­pando tem­po­ra­nea­mente parte della Geor­gia, fer­ma­rono quel pazzo di Sha­kaa­sh­vili, a sua volta (mal) «con­si­gliato» dagli Usa. I russi, all’epoca, evi­ta­rono l’estensione del con­flitto, altro che «feroce invasione». 

Lei è filo russo, professor Chomsky?

Per carità, tutto sono tranne che un filo russo o un fan di Putin: ma come si per­met­tono gli Stati uniti, dopo quello che hanno fatto in Iraq – dove dopo aver men­tito spu­do­ra­ta­mente al mondo intero sulla sto­ria delle presunte armi di distru­zione di massa, sono inter­ve­nuti senza un man­dato Onu a migliaia di chi­lo­me­tri di distanza per sov­ver­tire un regime – a pro­te­stare, oggi, con­tro la Rus­sia? Voglio dire, non mi sem­bra che ci siano state stragi, puli­zie etni­che, vio­lenze dif­fuse. Io mi chiedo: ma per­ché con­ti­nuamo a con­si­de­rare il mondo intero come nostro ter­ri­to­rio, che abbiamo il diritto, quasi il dovere di «con­trol­lare» e, nel caso, modi­fi­care a seconda dei nostri inte­ressi? Non è cam­biato nulla, alla Casa Bianca e al Pen­ta­gono, sono ancora con­vinti che l’America sia e debba essere la guida – e il gen­darme – del mondo. 

A pro­po­sito di minacce, oltre alla Rus­sia, anche la Cina e il Giap­pone fanno paura? Chi dob­biamo temere di più? 

Dob­biamo temere di più gli Stati uniti. Non ho alcun dub­bio, e del resto è quanto riten­gono il 70% degli intervistati di un recente son­dag­gio inter­na­zio­nale svolto in Europa e citato anche dalla Bbc. Subito dopo ci sono Paki­stan e India, la Cina è solo quarta. E il Giap­pone non c’è pro­prio. Que­sto non signi­fica che quello che stanno facendo, anzi per ora, per for­tuna, solo dicendo i nuovi lea­der giap­po­nesi non siano peri­co­lose e inaccettabili pro­vo­ca­zioni. Il Giap­pone ha un pas­sato recente che non è ancora riu­scito a supe­rare e di cui i paesi vicini, soprat­tutto Corea e Cina non con­si­de­rano chiuso, in assenza di serie scuse e soprat­tutto atti di con­creto rav­ve­di­mento dal parte del Giappone. 

Pro­prio in que­sti giorni leggo sui gior­nali che il governo, su pro­po­sta di alcuni par­la­men­tari, ha inten­zione di rivedere la cosid­detta «dichia­ra­zione Kono», una delle poche dichia­ra­zioni che ammet­teva, espri­mendo contrizione e rav­ve­di­mento, il ruolo dell’esercito e dello stato nel rastrel­lare decine di migliaia di donne coreane, cinesi e di altre nazio­na­lità e costri­gen­dole a pro­stu­tirsi per «risto­rare» le truppe al fronte. 

Già, le famose «donne di ristoro», tut­ta­via ogni paese ha i suoi sche­le­tri. In Ita­lia pochi sanno che siamo stati i primi a gasare i «nemici» e anche inglesi e ame­ri­cani non scher­zano, quanto a cri­mini di guerra nasco­sti e/o ignorati 

Asso­lu­ta­mente d’accordo. Solo che un conto è l’ignoranza, l’omissione sui testi sco­la­stici, un conto è il negazionismo: insomma, in Ger­ma­nia se neghi l’olocausto rischi la galera, in Giap­pone se neghi il mas­sa­cro di Nan­chino rischi di diven­tare premier.